No a vie del merito con la logica del minimo sforzo e massimo risultato
Rino Di Meglio sulla valorizzazione del merito contenuta nella bozza di riforma elaborata dal titolare di viale Trastevere
07 Giugno 2012
AREA STAMPA
"La scuola italiana, ormai piegata su logiche aziendaliste più attente alla ‘soddisfazione del cliente´ che alla formazione degli studenti, purtroppo ha perso qualità. Una deriva che va combattuta e, in quest´ottica, l´attenzione verso il merito, accompagnata dall´emulazione che è cosa diversa dalla competitività, ci trova disponibili a un confronto costruttivo. Ci aspettiamo che il ministro Profumo trovi gli strumenti per realizzare una riforma che punti realmente a premiare i meritevoli, sradicando quella mentalità diffusa secondo cui è possibile raggiungere buoni risultati scolastici anche senza impegnarsi nello studio".
E´ quanto afferma il coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio, commentando la valorizzazione del merito contenuta nella bozza di riforma elaborata dal titolare di viale Trastevere.
"La Gilda - ricorda Di Meglio - ha sempre sostenuto la funzione istituzionale della scuola statale, luogo - secondo il dettato costituzionale - in cui si pareggiano le opportunità e i punti di partenza e a cui è affidata anche la formazione delle classi dirigenti [1]. I capaci e meritevoli, identificati con sistemi democratici, dovrebbero essere la guida del Paese ma in questi anni non è stato così".
Il leader della Gilda, infine, auspica che il ministro dell´Istruzione adotti misure efficaci anche nei confronti dei dirigenti scolastici "spesso in prima linea ad intervenire, anche in maniera autoritaria, - sottolinea Di Meglio - proprio contro quei docenti che vorrebbero coltivare il principio del merito nel loro insegnamento e che vengono attaccati da genitori che pretendono le buone valutazioni anche quando i figli non si impegnano nello studio".
Roma, 7 giugno 2012
Ufficio stampa Gilda degli insegnanti
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[1] "La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente. La formazione della classe dirigente, non solo nel senso di classe politica, di quella classe cioè che siede in Parlamento e discute e parla (e magari urla) che è al vertice degli organi più propriamente politici, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti.
Questo è il problema della democrazia, la creazione di questa classe, la quale non deve essere una casta ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine. No. Nel nostro pensiero di democrazia, la classe dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall´afflusso verso l´alto degli elementi migliori di tutte le classi, di tutte le categorie."
(Piero Calamandrei, Roma 11 febbraio 1950, Pubblicato in Scuola democratica, periodico di battaglia per una nuova scuola, Roma, iv, suppl. al n. 2 del 20 marzo 1950, pp. 1-5)
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